ANCORA LEZIONI DI FILOSOFIA MORALE - RELATORE: MARCO ERMENTINI
09.02.2004 00:00
Il giorno di lunedì 9 febbraio, alle ore 21 presso il Caffè Gallery di via Mazzini a Crema, si terrà il nuovo incontro-dibattito del caffè filosofico.
Il tema dell’incontro consiste nella ripresa (e discussione) di alcuni passi del libro di A. Spoldi“Lezioni di filosofia morale di Andrea Bortolon”, il filosofo virtuale che già ha animato l’incontro-spettacolo dello scorso gennaio (vedi nota allegata).
L’intento è quello di non abbandonare del tutto la possibilità di dibattere argomenti filosofici rimanendo in equilibrio sul filo dell’ironia, come è nello spirito del caffè filosofico.
Con l’occasione si individuerà anche un possibile filo conduttore per gli incontri di quest’anno.
La partecipazione è libera.
Dibattito
CONTRIBUTO AL DIBATTITO DEL CAFFE’ FILOSOFICO - 9 FEBBRAIO 2004
Tiziano Guerini
|
28.06.2013
La filosofia di A.B. si può definire una “dialettica incompiuta”.
Fra tesi e antitesi (le antinomie del sapere e della vita) non c’è sintesi, ma una sorta di sospensione (epoche) che lascia spazio ad esempio, alla timidezza.
Non c’ è però né apatia né atarassia (anche se la tentazione in questo senso è forte); ma il risvolto “di prassi” che ne deriva invece di portare al “dovere” fichtiano, porta piuttosto al riso, allo sberleffo, al richiamo dell’asino: una denuncia gioiosa di impotenza, o una definizione definitiva della condizione umana?
Propendo piuttosto per questa seconda ipotesi, perché con lo sberleffo, nulla si toglie all’aspetto tragico che caratterizza l’esito pratico della dialettica teoreticamente incompiuta, proprio come avviene per “l’infinito dovere” in Fichte.
La “nuova missione del dotto” è qui - in A.B. col “marameo” - altrettanto impegnativa, dolorosa e senza fine.
Fra tesi e antitesi (le antinomie del sapere e della vita) non c’è sintesi, ma una sorta di sospensione (epoche) che lascia spazio ad esempio, alla timidezza.
Non c’ è però né apatia né atarassia (anche se la tentazione in questo senso è forte); ma il risvolto “di prassi” che ne deriva invece di portare al “dovere” fichtiano, porta piuttosto al riso, allo sberleffo, al richiamo dell’asino: una denuncia gioiosa di impotenza, o una definizione definitiva della condizione umana?
Propendo piuttosto per questa seconda ipotesi, perché con lo sberleffo, nulla si toglie all’aspetto tragico che caratterizza l’esito pratico della dialettica teoreticamente incompiuta, proprio come avviene per “l’infinito dovere” in Fichte.
La “nuova missione del dotto” è qui - in A.B. col “marameo” - altrettanto impegnativa, dolorosa e senza fine.
Nuovo commento
Attendere, prego...
Il presente sito web utilizza dei cookies per aiutare a migliorare i servizi e le informazioni ai suoi lettori. Se continui a navigare su questo sito web, accetti la nostra politica di trattamento dei cookies. Chiudi Maggiori informazioni